Violenza sulle donne, lo stalking e l’importanza della prevenzione
La prevenzione deve essere l’arma in più, con lo stalking come primo step da non sottovalutare.
A due settimane dalla “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne” il tema è sempre attuale ed i numeri continuano ad essere elevati. Sono 116 infatti i femminicidi dall’inizio del 2016.
La prevenzione deve essere l’arma in più, con lo stalking come primo step da non sottovalutare.
In Italia nel 2016 una donna ogni tre giorni è stata uccisa dal marito, fidanzato, compagno o ex.
Nel 2015 questo bilancio è arrivato addirittura a 128 vittime.
Il dato è sicuramente allarmante e la situazione non è migliore se si pensa agli ultimi dieci anni; secondo i dati Eures infatti dal 2005 al 2015 sono 1.740 dei quali il 72% all’interno della famiglia e quasi il 68 % di questi all’interno di una coppia.
Più preoccupante è il dato relativo alle fasi precedenti ad un femminicidio: sono infatti solo il 16,7% i delitti preceduti da una “violenza nota” e di queste solo l’8,7% è stata denunciata ai Carabinieri.
Il punto cruciale della questione è proprio la difficoltà delle donne a denunciare i casi di violenza, per paura, per fiducia in un prossimo cambiamento o per sottovalutazione di comportamenti aggressivi o persecutori.
Solo il 7% delle donne infatti denuncia una violenza subita.
La violenza fisica è però lo step precedente ai casi più gravi che abbiamo citato, ma ancor prima le donne sono quasi sempre vittime di azioni di stalking più o meno gravi.
Secondo l’art. 612 bis, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Ci sono poi delle aggravanti se la persona che compie queste azioni è o è stato legato da una relazione affettiva con la vittima.
La pena per il reato di stalking perciò come vediamo esiste e non è da sottovalutare.
Uno dei problemi che purtroppo si riscontrano è la difficoltà a provare questi comportamenti e poter utilizzare queste prove all’interno di un processo.
Il legislatore infatti considera stalking un comportamento reiterato del soggetto e non un mero ed isolato atto persecutorio.
Una delle possibilità per evitare che queste azioni non vengano tenute in considerazione e quindi di rendere vano il coraggio di una donna che ha deciso di denunciare certe situazioni è quella di farsi aiutare da professionisti del settore, come le società di investigazioni, che sono in grado di fornire dati e prove utili a sporgere regolare denuncia e riproducibili in sede di giudizio.
Questa fase è sicuramente delicata e diventa il momento migliore per poter prevenire le situazioni più gravi e far si che non sia troppo tardi.
Le denunce per stalking dopo l’introduzione della legge sono quasi raddoppiate in pochi anni e in proporzioni decisamente minori, anche gli ammonimenti ed i divieti di avvicinamento. La percentuale però di questi divieti sulle denunce rimane comunque relativamente bassa e l’obiettivo è sicuramente quello di avvicinare questi due dati e dare la possibilità a chi denuncia di essere tutelata.
Inoltre uno dei problemi maggiori è la lentezza della giustizia che porta le donne a rimanere bloccate in processi lunghissimi, la protezione che non arriva e la difficoltà a provare l’effettivo comportamento dell’accusato. La vittima spesso rischia infatti di non risultare credibile sia per troppa sicurezza, letta come desiderio di un semplice risarcimento, o per troppa insicurezza, non convincente.
Per ovviare a queste situazioni ancora una volta delle prove tangibili diventano fondamentali.
Purtroppo la parte più difficile per una donna, e di conseguenza per la prevenzione di queste azioni, è trovare il coraggio di denunciare certi comportamenti e azioni, che vanno dalla persecuzione telefonica al pedinamento.
L’obiettivo condiviso deve essere quindi portare le vittime, grazie all’informazione e ad iniziative dedicate, a compiere questo primo passo per poi grazie ai centri anti-violenza, agli studi legali, gli investigatori privati e infine alla giustizia portare avanti un iter che può salvare tante vite.