Parte il censimento dei debiti di Stato Spunta il piano per scontarli in banca
Sabato scorso, al convegno Ambrosetti di Cernobbio, davanti al pressing della Confindustria e di artigiani e commercianti, il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, è tornato a promettere un intervento del governo per sbloccare il pagamento degli arretrati alle imprese fornitrici della pubblica amministrazione.
E oggi, tra gli emendamenti al decreto legge sulle semplificazioni fiscali, dovrebbero essere votate in commissione Bilancio al Senato alcune proposte presentate dai relatori di maggioranza, Antonio Azzollini e Mario Baldassarri, che prevedono tra l’altro la cessione «pro solvendo» dei crediti. L’azienda potrà cioè cederli alla banca, ottenendo subito la somma dovuta, e poi la banca si rifarà sulla pubblica amministrazione.
Ma l’azienda cedente dovrà garantire sulla solvibilità del debitore (rispondendo quindi di una sua eventuale inadempienza). Contemporaneamente sul problema dei crediti vantati dai fornitori della Pa è al lavoro una task force composta di esperti del ministero dello Sviluppo economico, dell’Economia e della Ragioneria generale dello Stato col compito di completare la certificazione dei crediti stessi. Il gruppo svolgerà un monitoraggio per verificare le stime circolate finora, di fonte bancaria e confindustriale, che parlano di un totale di 90-100 miliardi di euro, per la maggior parte costituiti da crediti verso le pubbliche amministrazioni e per il resto verso altre aziende private (privato su privato), e formati per circa 60-70 miliardi di crediti commerciali e per 30-40 di crediti fiscali. Secondo il governo sarebbe importante riuscire a restituire nel giro di un anno almeno metà dei debiti scaduti verso le aziende fornitrici, ma è difficile riuscirci visti i vincoli di bilancio. La task force interministeriale dovrà ricostruire la situazione cercando di far luce anche sui debiti degli enti locali e delle Regioni verso le aziende, sapendo che il grosso di questi si annida nel settore sanitario, con ritardi nei pagamenti che arrivano anche a 2 anni.
Altro settore in grande sofferenza è quello dei lavori pubblici dove, secondo l’Ance, l’associazione di settore, sono ben 30 mila le imprese che vantano crediti scaduti con le amministrazioni pubbliche. Le aziende in attesa di essere pagate si stima che siano complessivamente circa centomila. Il ritardo medio nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione è di 180 giorni,mentre la direttiva europea, che il governo conferma di voler recepire in anticipo rispetto alla scadenza di marzo 2013, prevede un tempo massimo di 30 giorni (salvo deroghe) tra privato e committente pubblico e di 60 giorni tra privati.
Ma ciò avrà effetto sui pagamenti futuri mentre l’emergenza è rappresentata dalla montagna di arretrati che, sommata al credit crunch, toglie ossigeno alle imprese, come ha ricordato ieri anche il presidente del Senato, Renato Schifani. Il governo sta esaminando quello che ha fatto la Spagna, che aveva un problema simile, e che lo ha affrontato iniziando a pagare gli arretrati nei confronti dei fornitori, ma solo dopo la certificazione degli stessi. La differenza, però, è che l’Italia ha un debito molto superiore e deve rispettare l’impegno preso con l’Unione europea del pareggio di bilancio entro il 2013. Per ora, col decreto liberalizzazioni, è stato dato solo un piccolo segnale alle aziende attraverso uno stanziamento complessivo di 5,7 miliardi per crediti maturati nei confronti dei ministeri. Di questi, 2miliardi sono utilizzabili per rimborsi attraverso titoli di Stato e 2,7 miliardi sono destinati alle compensazioni di crediti d’imposta.
L’idea di utilizzare di nuovo il rimborso con Bot e Cct non è stata del tutto abbandonata dal governo anche se al momento non è stato ancora superato l’ostacolo di come evitare che ai fini della contabilità Eurostat questo si traduca in un automatico aumento del debito pubblico.
Fonte: www.quotidianamente.it