NPL, nuove regole e nuovi accordi: come si evolve il mercato dei crediti deteriorati
Il 2018 è sicuramente un anno decisamente florido dal punto di vista della regolamentazione con l’ingresso in pochi mesi, nell’ambito della gestione dei crediti deteriorati degli Istituti Bancari, di diversi interventi importanti. A gennaio entra finalmente in vigore la direttiva Mifid2 che impone agli istituti finanziari una comunicazione ed una formazione più approfondita verso gli Investitori dal punto di vista dei costi effettivi e del rischio connesso ai loro investimenti, per aumentare la trasparenza negli accordi tra Privati e Aziende da una parte e banche di investimento e soggetti affini dall’altra.
Entra poi in vigore anche la direttiva Psd2 sui sistemi di pagamento che mette sempre più alla prova gli Istituti bancari tradizionali ed apre alla digitalizzazione totale del mercato dei pagamenti, con la Fintech alla finestra se non già alla porta; infine fa il suo ingresso anche il nuovo principio contabile IFRS9 che va a sostituire il precedente IAS39 e che modifica in maniera sostanziale la classificazione degli strumenti finanziari dal punto di vista della rischiosità, introducendo il concetto dell’expected loss e approfondendo l’analisi sui propri crediti in sofferenza per poter poi classificarli anche in itinere e farli rientrare in tre diversi stage a seconda della loro rischiosità attuale.
Ultimo passaggio di questo inizio 2018 “riformista” è il cosiddetto Addendum della BCE che va ad aggiungersi alle Linee guida europee sulla gestione degli NPL. Il punto centrale di questa integrazione è la copertura e svalutazione dei crediti deteriorati che varierà a seconda che i crediti siano garantiti o no. Per quanto riguarda i crediti unsecured la svalutazione dovrà infatti avvenire entro due anni mentre per i secured con un flusso che parte dal terzo anno per il 40% del suo valore, del 55% al quarto anno di anzianità, 70% dopo cinque anni, 85% al sesto e dell’ultimo 15% nell’anno successivo, definendo quindi il range di tempo tra i 2 e i 7 anni. L’addendum fa riferimenti ai nuovi flussi di sofferenze dal 1 aprile 2018 e quindi lascia tempo ad interventi futuri per lo stock esistente di deteriorati.
Dopo tutte le novità dal punto di vista normativo che portano con loro delle modifiche necessarie nelle politiche degli Istituti bancari dal punto di vista strategico, contabile e tecnologico, arrivano anche accordi importanti sulla gestione degli NPL. Quello principale e con l’impatto potenzialmente più rilevante è sicuramente l’accordo tra Intesa San Paolo e la svedese Intrum Justitia che vede coinvolti ben 10,8 miliardi di crediti in sofferenza e la piattaforma di servicing di Intesa che diventa per il 49% di proprietà di Intrum.
Un punto fondamentale dell’accordo è sicuramente quello relativo al prezzo degli NPL che arriva al 29% del valore nominale. Stando al range di prezzi che ha caratterizzato gli ultimi anni, che si aggira tra il 15% e il 20%, questo accordo è sicuramente migliorativo per le Banche italiane ma potenzialmente presenta una situazione win/win dove il Servicer (in questo caso Intrum Justitia) è in grado di pagare un prezzo più elevato della media del mercato grazie alla struttura interna che gli permette di poter valutare più accuratamente il ritorno dall’investimento in questi portafogli.
L’utilizzo infatti di informazioni ed investigazioni sul credito, unite ad una struttura altamente sviluppata dei grandi operatori, permette di ottenere delle performance di recupero che rendono il prezzo d’acquisto comunque redditizio. Il lavoro poi degli Istituti Bancari, anche dovuto al nuovo principio contabile introdotto, di arricchimento delle anagrafiche e delle posizioni creditizie con informazioni e scoring sul credito più accurati, non può che migliorare la situazione.
E’ proprio sulla strada dell’approfondimento delle informazioni sui debitori e sulle valutazioni preventive dell’affidabilità creditizia che si dovrebbe fondare il miglioramento della situazione NPL italiana; e questo vale appunto sia per la gestione più accurata degli stock esistente che per la concessione dei nuovi crediti.
Anche perché se si considerano le linee guida BCE e il nuovo arrivato addendum, se pur non vincolante, la concessione di nuovi crediti non potrà che essere più accorta e più ricca di informazioni preventive sui potenziali richiedenti credito, anche a rischio di creare un leggero credit crunch per le PMI italiane. Trovare un equilibrio tra accesso al credito e miglioramento della sua qualità sarà un compito arduo in capo a Banche e Istituti finanziari italiani, che non può non prescindere da una stretta collaborazione con società specializzate nelle informazioni commerciali e nelle più approfondite investigazioni sul credito.