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NPL e Banche: la classificazione per rischio dei crediti deteriorati indicata dalla BCE

In via di definizione la categorizzazione degli Istituti di Credito in base alla loro esposizione in termini di non performing loans e relative coperture

 

In ambito di Crediti deteriorati il 2018 si è chiuso con oltre 70 mld di cessioni di portafogli NPL, record per il mercato italiano, grazie anche ai grandi deal come quelli relativi a Monte dei Paschi di Siena e Intesa San Paolo – Intrum, rispettivamente da 24,1 e 10,8 miliardi di euro ed alle cartolarizzazioni di Banco BPM, Ubi Banca e BPER. La dismissione di crediti deteriorati nel corso dell’anno ha parallelamente permesso un aumento della copertura delle sofferenze con un coverage medio che è arrivato al 65,8% del GBV (Gross Book Value) e del 35% per quanto riguarda gli UTP (Unlikely to Pay); altro elemento che ha portato al miglioramento della situazione, in termini di coperture, è poi  l’effetto dell’applicazione del primo principio contabile IFRS9 ed in generale il controllo regolamentare delle istituzioni.

E’ in quest’ottica che si posizionano le prime indicazioni da parte della BCE in ambito di obiettivi di copertura degli NPL di inizio 2019. In linea generale l’obiettivo finale resta il medesimo per tutti gli Istituti di credito e cioè la copertura, attraverso il fondo svalutazione crediti, del 100% del proprio portafoglio. Ciò che cambia è invece il termine entro il quale questa copertura debba essere raggiunta e che differisce chiaramente a seconda della situazione attuale di ogni singola Banca, con un orizzonte temporale che arriva al massimo al 2026 ed una classificazione in tre categorie differenti.

Il primo cluster comprende quindi gli Istituti di credito cosiddetti virtuosi che possiedono un tasso di Npl sul totale dei prestiti erogati, o Npl ratio, contenuto ed una copertura di questi già sviluppata.  Per questa tipologia di Banche, chiaramente con dei parametri specifici che verranno definiti dalla stessa BCE, gli obiettivi fissati arrivano ad una copertura minima del 60% entro fine 2020 sui crediti secured, con deadline per la copertura al 100% prevista nel 2024. Diverso il discorso per i crediti unsecured per i quali la copertura minima sale al 70% a fine 2020 e copertura totale entro il 2023.

Il secondo cluster conterrà invece gli Istituti che presentano una situazione attuale meno positiva rispetto alle prime, sia dal punto di vista dell’attuale copertura sugli NPL sia da quello della composizione del proprio portafoglio crediti in termini di rischio. Per questo gruppo di Banche europee viene stabilita una copertura del 50% dei crediti in sofferenza garantiti entro il 2020 ed una deadline più ampia che arriva al 2025. In merito ai crediti non garantiti la coverage arriva invece al 60%, sempre entro il 2020, e dovrà completarsi entro il 2024, con uno slittamento di un anno quindi per entrambe le categorie rispetto alla prima fascia.

Il terzo cluster infine è composto dagli Istituti di credito con situazioni di rischio più elevate e che quindi necessitano di una flessibilità e di tempistiche più permissive per rispettare i termini imposti dalla Vigilanza. Per questi il limite per il 2020 scende quindi al 40% per i crediti garantiti da collaterale ed il termine ultimo di copertura totale arriva al 2026 (fonte: Il Sole 24 ore). E’ chiaro come questi termini siano previsionali e potenzialmente rivedibili via via che vengano o meno raggiunti i risultati sperati.

Viste le prospettive per il 2019 che ipotizzano un volume di cessioni intorno ai 50 mld per gli Istituti di Credito italiani, la questione delle modalità di lavorazione degli NPL e quindi della scelta tra gestione interna e cessione a terzi deve necessariamente prendere in considerazione l’analisi del proprio portafoglio crediti attraverso una due diligence. Nel primo caso il tentativo di recuperare parte di queste sofferenze e gestire in tal senso gli UTP passa infatti per una riqualifica del portafoglio crediti ed una classificazione dei crediti in termini di aggredibilità e di conseguenza priorità di azione. Nella seconda ipotesi la classificazione precedente alla cessione permette di individuare in maniera più precisa il valore del portafoglio in dismissione per poi entrare nella fase di trattativa con il Servicer acquirente con una valutazione, in termini di domanda, più vicina alle esigenze della Banca. Il set di informazioni aggiuntive messe a disposizione della controparte permette inoltre di aumentare il valore del portafoglio diminuendo le asimmetrie informative tra le due parti.

La riclassificazione massiva di portafogli di crediti è sviluppabile attraverso un lavoro di indagine svolto da società di investigazione, dotate di licenza investigativa ex art 134 TULPS, che sono in grado di aggiornare l’anagrafica del Debitore e fornire le informazioni di rintraccio e patrimoniali utili a definire i diversi cluster di crediti per priorità e livello di rischio di insolvenza. Un lavoro preventivo in termini di riqualifica permette difatti di ottimizzare tempi e risorse nella gestione complessa che le Banche Italiane stanno affrontando in questi anni.

 

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