Il rialzo dei tassi fa scendere le richieste di mutui, sempre più famiglie in difficoltà con le rate
L’incertezza economica, la Banca Centrale Europea che prosegue nella politica di rialzo dei tassi e i rincari dovuti all’inflazione, stanno avendo pesanti ripercussioni sui mutui. Un tema che riguarda molti italiani.
La crescita dei tassi da un lato ha reso più difficile l’accesso al credito per chi intende accendere un mutuo oggi, dall’altro lato ha messo in difficoltà anche chi un mutuo già lo ha. I titolari di un mutuo a tasso variabile hanno assistito, infatti, a un aumento repentino dell’importo delle rate da versare a causa dei maggiori interessi dovuti.
Del resto, dopo anni di tassi stabili, se non negativi, dal luglio del 2022 il rialzo è stato rapido e consistente. Siamo passati dallo 0% al 4,25% in soli 12 mesi. Una circostanza che ha messo alla prova molte famiglie, già alle prese con un reddito e un potere d’acquisto erosi dall’inflazione.
Richieste mutui -22,4% nel primo semestre 2023
Andiamo ad analizzare, numeri alla mano, cosa sta accadendo. Secondo il Barometro Mutui di CRIF nel primo semestre del 2023 le richieste di mutui sono diminuite del 22,4% rispetto allo stesso periodo del 2022. Un dato influenzato dalle surroghe che hanno subito una flessione del 30,8% e dal fatto che i nuovi mutui erogati sono scesi del 21,6%.
A causa dell’incremento dei tassi d’interesse, invece, la rata media mensile è aumentata del 28% (dati marzo 2023) rispetto ai minimi di metà 2022, con un picco del +40% per i mutui erogati ultimamente dove la rata media è passata da 616 euro a 865 euro.
Sempre in base al report CRIF, per i mutui più recenti, l’indebitamento medio delle famiglie italiane è aumentato del 24% negli ultimi sei mesi, pari a circa 34 mila euro per contratto.
Famiglie in difficoltà a ripagare mutui e prestiti
Numeri confermati anche dalla FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani) che ha stimato in circa un milione le famiglie italiane in difficoltà a ripagare mutui e prestiti, per un debito complessivo accumulato dalle insolvenze che ammonterebbe a 14,9 miliardi di euro.
In particolare, gli importi non pagati sarebbero 6,8 miliardi di euro per i mutui, 3,7 miliardi per il credito al consumo e 4,3 miliardi per altri prestiti personali.
Dei 6,8 miliardi di euro relativi ai mutui, la FABI stima che 2,7 miliardi siano sofferenze certe, 3,4 miliardi siano inadempienze probabili e 621 milioni di euro riguardino rate scadute.
I più in crisi sono i titolari di mutui a tasso variabile (più esposti all’andamento dei tassi), una tipologia di prestiti che ha un valore complessivo di circa 140 miliardi di euro (un terzo dei 425 miliardi erogati in totale).
Voglia di casa di proprietà, ma accedere al credito è più complicato
Stando all’Osservatorio sulle famiglie italiane presentato da Nomisma il 30 giugno 2023, sono circa 3,1 milioni le famiglie che si dichiarano interessate all’acquisto di un’abitazione nei prossimi 12 mesi. Di quelle che hanno già acceso un mutuo, invece, il 27,8% teme di poter incontrare difficoltà nel rimborsare regolarmente le rate nello stesso periodo di tempo.
Lo studio ha indagato anche la propensione all’indebitamento: il 42,7% degli intervistati farebbe sicuramente ricorso al finanziamento per l’acquisto dell’abitazione, mentre il 35,2% si dice intenzionato con buona probabilità a ricorrere al credito.
Ma rivolgersi al sistema bancario per sostenere l’acquisto dell’abitazione è oggi più complicato per via di sistemi di finanziamento più rigidi e la maggiore onerosità dovuta al rialzo dei tassi di interesse.
Non a caso, dall’indagine Nomisma risulta che, tra le famiglie numerose, una su cinque (20%) dichiara di non avere i requisiti per l’accesso al credito, un valore quasi triplo rispetto al 7,5% della media del campione. Percentuali più alte rispetto alla media si registrano anche per le famiglie con figli minori (13,1%) e persone sole under 45 (10,7%).
Le previsioni per il futuro
Cosa possiamo aspettarci per il futuro? Difficile fare previsioni anche se ci si attende uno stop al rialzo, se non una riduzione dei tassi nel 2024, sempre che le strette di questi mesi abbiamo contribuito efficacemente al contenimento dell’inflazione.
Del resto, il prolungarsi di una politica monetaria restrittiva non è auspicabile per gli effetti negativi che avrebbe sull’economia reale.
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