Bullismo e Jiu Jitsu, lo sport come strumento di contrasto al fenomeno sociale
L’arte di difesa personale brasiliana per imparare a gestire le proprie emozioni e rafforzare la fiducia in sé stessi e nelle proprie potenzialità.
Il fenomeno del bullismo ormai colpisce sempre più bambini e adolescenti; più del 50 % dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ammette infatti di essere rimasto vittima di un qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento (ISTAT, 2014).
Come combattere questo fenomeno che, con l’avvento dei social, ha portato i casi più eclatanti ad una risonanza mediatica impensabile anni fa?
In Trentino si combatte con il Jiu Jitsu, ovviamente non in senso letterale.
L’iniziativa, organizzata da Massimiliano Cantatore in collaborazione con l’associazione “Brazilian Jiu Jitsu Sid Jacintho”e il maestro Leandro Dos Santos ha visto anche la partecipazione della grafologa forense Cristina Sartori, in una giornata dedicata ai ragazzi dagli 11 ai 13 anni.
E’ proprio Cristina Sartori presente in veste, oltre che di esperta grafologa, di investigatrice privata, a raccontarci l’obiettivo della manifestazione e le tematiche trattate:
l’idea dell’utilizzo di una disciplina sportiva come il Brazilian Jiu Jitsu nasce dalla necessità per i ragazzi di acquisire consapevolezza in se stessi e rafforzare la propria autostima.
I ragazzi hanno partecipato alle lezione durante la giornata e grazie a istruttori come Marco, di soli 18 anni, si è riusciti a creare un rapporto di fiducia, complicità ed identificazione importantissimo per aprirsi a questa nuova esperienza.
E’ stata anche l’occasione per poter parlare con alcuni di loro che hanno trovato il coraggio di raccontare la propria storia – afferma Cristina Sartori – anche perché la miglior arma per contrastare questo fenomeno è sicuramente il dialogo.
Le chiediamo quali siano i segnali che permettono di capire se un ragazzo sia potenzialmente vittima di atti di bullismo e lei a riguardo ci dice – quando un ragazzo cambia radicalmente atteggiamento, diventa silenzioso, ha magari un crollo dei risultati scolastici o dimostra una scarsa voglia di frequentare ambienti che fino a poco tempo prima erano abituali, è possibile che siano accadute situazioni di disagio.
Quando un genitore nota questi segnali sorge la necessità di indagare se questi siano veramente riconducibili a situazioni di bullismo, e qui entra in gioco il ruolo dell’investigatore privato – in queste situazioni è fondamentale provare l’effettiva esistenza di certi comportamenti da parte di compagni di scuola o di altri gruppi sociali e ciò può avvenire solo tramite una verifica investigativa che permette di individuare sia i responsabili di certe azioni sia coloro che, pur conoscendo i fatti, non denunciano l’accaduto.
Altro problema – afferma Cristina – è l’abbassamento dell’età dei ragazzi vittima di bullismo, che oramai arriva fino all’età prescolare; per capire l’effettivo disagio, soprattutto in questa età, è interessante analizzare le produzioni grafiche dei bambini che spesso non verbalizzano il loro malessere ma non possono nasconderlo, ad esempio, nei loro disegni. Compito del grafologo individuare l’eventuale disagio, metterlo in luce, e “passare poi la palla” alle professionalità adeguate per sondarlo e dargli un nome come, ad esempio, lo psicologo.”
Per concludere chiediamo a Cristina Sartori quali sono i progetti futuri su questo ambito:
Ci stiamo muovendo con Massimiliano Cantatore, la scuola brasiliana Sid Jacintho e la Comunità Rotaliana rappresentata da Luca Bonadiman e Gabriella Pedroni, rispettivamente Vice Presidente e Consigliere con delega allo sport, con l’obiettivo di promuovere una serie di eventi sul territorio volti a sensibilizzare genitori, insegnanti e operatori scolastici per capire insieme come poter aiutare i ragazzi a trovare il coraggio di raccontare le proprie storie e come prevenire che questi avvenimenti accadano.